di Roberto Lacarbonara
Il futuro non è mai stato così antico. Una vocazione che viene da lontano, quella della famiglia Apollonio, da quattro generazioni interprete di una produzione vinicola di eccellenza, tra le prime aziende pugliesi ad aver scommesso sul futuro, ovvero sulla straordinaria longevità del grande vitigno nobile del Salento: il Negroamaro.
Con una verticale di Divoto, prestigio enologico della cantina di Monteroni (Lecce), il 23 settembre 2022 è ripartita la stagione degli eventi dell’Associazione Italiana Sommelier di Murgia, un calendario che si apre con il pieno ritorno alle degustazioni in presenza e con l’incontro con i protagonisti della viticoltura nazionale e internazionale. Presto sarà il turno di una rubrica dedicata ai più rinomati enologi di Puglia, per giungere a dicembre alla 16° edizione di Dolce Puglia, la rassegna dei vini dolci e della pasticceria regionale.
Sulle note di Paolo Fresu, nel breve e intenso corto cinematografico che ci introduce alla conoscenza di una cantina dal cuore antico e sotterraneo, scopriamo immediatamente l’orizzonte che si schiude nella filosofia aziendale di Massimiliano e Marcello Apollonio, titolari dell’azienda: “Fare vini guardando al futuro”. Non solo un claim, bensì un impegno programmatico, quotidiano, un tragitto solitario che riscrive la storia di questa terra in direzione delle più estreme, insospettabili maturazioni in legno ed evoluzioni in bottiglia.
Alla presenza del neopresidente dell’AIS Puglia, Giacomo D’Ambruoso, e del Delegato Murgia, Vincenzo Carrasso, il racconto risale fino ai tempi della fondazione della piccola cantina in agro di Aradeo nei primi dell’Ottocento, per giungere alla stagione risorgimentale che vede avvicendarsi prima Noè Apollonio – anni Settanta del XIX secolo – quindi Marcello e poi Salvatore, alla cui breve attività ed esistenza si lega la scommessa di imbottigliamento e vendita di vini totalmente orientati a magnificare il patrimonio autoctono: Primitivo, Negroamaro, Susumaniello, Malvasia Nera e Bianco d’Alessano. Oggi Apollonio vanta una produzione che comprende ben 4 DOC, 5 linee commerciali e una distribuzione che copre 40 Paesi. Se gli anni Novanta hanno dato lustro ai vini da Negroamaro sul mercato anglosassone, anche grazie ai riconoscimenti di Robert Parker e delle riviste di settore, gli anni più recenti hanno certificato la crescita del brand fino a raggiungere la quota di 95% dell’export totale.
In anni recenti, Apollonio è diventato anche sinonimo di cultura e promozione del territorio, grazie alla proposta annuale del Premio Apollonio che, a partire dal 2005, ha visto avvicendarsi personalità del mondo dello spettacolo di rilievo internazionale, premiate per aver reso grande la Puglia all’estero: da Özpetek a Turturro, da Arbore a Caprarica, con la direzione artistica prima di Serena Dandini, poi di Neri Marcorè.
Ma quella di Apollonio è soprattutto una storia che si “radica” (letteralmente) nella tradizione viticola dell’alberello pugliese, ereditata dalla madre-patria Grecia – che di queste terre ha fatto un vero centro di irradiazione dell’ampelografia mediterranea – e destinata auspicabilmente a rappresentare una forma di “viticoltura eroica” nella redigenda legislatura regionale, un vero e proprio marchio di tutela per la salvaguardia di un paesaggio unico al mondo.
È tuttavia l’affinamento la vera impronta dei vini Apolllonio. Legni commisurati alle diverse cultivar e alla loro specificità organolettica: dalle barriques francesi di Jupilles a grana fine per il Negroamaro, alle botti americane per il Primitivo e a quelle di acacia per bianchi e rosati, ma anche la botte grande di Slavonia per la fase di estrazione dei tannini e quella piccola per il riposo pre-imbottigliamento.
Calibrare magistralmente il ricorso ai legni significa domarne la robustezza estrattiva a favore del massimo rispetto delle varietà vinificate: scambio d’ossigeno, stabilizzazione del colore, garanzia di longevità sono i tre fattori principali di questo impiego così sapientemente equilibrato che permette di esaltare l’acidità dei vini rossi anche a distanza di mezzo secolo. E la verticale di Divoto ne è una prova inconfutabile.
Piccola, preziosa curiosità. La “divozione” del nome di fantasia del vino si riferisce a un atto d’amore e di sacralità nei confronti della figura di San Giuseppe da Copertino, quel “santo che volava” che anche Carmelo Bene aveva omaggiato a testimonianza della storia di uomini che guardano in alto e sfidano il cielo.
Una per una, le bottiglie polverose di Divoto ci riportano sino alla prima messa in commercio dell’iconico vino di famiglia, il 1978, anno in cui papà Salvatore scommette sul legame indissolubile di Negroamaro e Montepulciano, per un blend che esalta la timida ma generosa terra di Copertino nella cui DOC – già oggetto di ricerche e attenzioni da parte di Severino Garofano – ricadono oggi soltanto 5 produttori.
Ed ecco andare in scena la raffinata “architettura gotica” del Negroamaro, così presentata da Giuseppe Baldassarre che ha guidato la degustazione delle 6 annate di Divoto, orientando la platea tra le espressioni più acute, spigolose e vertiginose di questo vino così audace da sfidare i grandi blasoni di Bordeaux e di Rioja.
Divoto Copertino Rosso Riserva DOC, 2015
Una vera anteprima quella del 2015 (vino non ancora in commercio), eroico nettare proveniente da una delle annate più calde degli ultimi anni sfiorando i 40 gradi nel mese di luglio. Siamo a pochi chilometri da Lecce, su un rilievo di 100 m s.l.m. dove l’alberello pugliese dimora su un banco calcareo-argilloso, garante di una spinta fresco-sapida irrinunciabile per ogni Negroamaro di razza.
Circa 30 giorni occorrono per estrarre i polifenoli, domati poi per 24 mesi nelle barrique di rovere francese e nei successivi 6 mesi in grandi botti di Slavonia, più 12 di bottiglia.
Vino dall’aspetto nobilissimo, luminoso nella sua trasparenza che ritma rubino e granato. L’armonia di note floreali di rosa appassita e di viola arpeggia sopra il frutto maturo di ciliegia e di prugna con cui il Montepulciano marca la propria impronta. Basta pazientare pochi attimi ed è subito un effluvio di note speziate centrate sui toni varietali del Negroamaro. La beva è conferma e superamento dell’annuncio olfattivo, accanto alla gentilezza di un tannino vellutato e alla lunga persistenza in cui affiorano piacevoli note di amaretto e scorza d’arancia.
Divoto Copertino Rosso Riserva DOC, 2012
A 10 anni dalla vendemmia, questa annata attualmente in commercio proviene da una stagione estremamente variabile, caratterizzata dalle rarissime nevicate di febbraio, da una primavera piovosa che ha influito sullo scarso germogliamento e da una risalita delle temperature nelle fasi finali della maturazione.
Granato pieno, compatto, solido. All’olfatto mostra la raggiunta pienezza di una sensorialità sontuosa fatta di ciliegia, amarena e numerose vene carsiche balsamiche in grado di esaltare tanto la frutta in confettura – come la cotognata – quanto le spezie orientali e il tabacco dolce. Il temperamento di questo vino sta tutto nello spessore delle sue essenze gustative, tenacemente intrecciate in una straordinaria tensione acida e sapida che rende il vino intenso e memorabile.
Divoto Copertino Rosso Riserva DOC, 2001
Superati i vent’anni dalla vendemmia, questo campione inizia il suo racconto interminabile. Sipario cromatico dai toni mattone e dal cuore granato per una scena olfattiva presto dominata da note terrose, minerali, dalla singolare e piacevolissima rivelazione di mandorla e prugna in confettura, lungo un sentiero costellato di humus e tabacco. La bocca è fasciata dal tannino gentile, suadente, in cui la sapidità rende la beva snella, appagante e sempre pronta a nuova mescita. Perfezione.
Divoto Copertino Rosso Riserva DOC, 1997
Sull’orlo del bicchiere sorprende la lucentezza di toni granati e già aranciati. Di lì a breve l’olfatto accede alla maturità organolettica della frutta secca, dei fichi secchi, di rabarbaro e di agrumi, di noce moscata, cannella ed erbe aromatiche. Bocca complessa con lieve scompenso nella persistenza, corretta da un tannino che torna nel finale a rivestire un palato asciutto e terso.
Divoto Copertino Rosso Riserva DOC, 1993
È l’ultima annata firmata da Salvatore Apollonio. Compare un 10% di Malvasia nera, poi eliminata nelle successive produzioni. Era ancora il tempo delle botti di castagno dove il vino fermentava e poi sostava lungamente.
Agli occhi, tutta la luce nobile e aranciata di un vino maturo che subito riporta la memoria olfattiva ai Marsala più suadenti, con toni di mandorla, coriandolo e fico secco.
Ancora nervoso in bocca, come a voler manifestare le sue ultime, preziose gemme gustative, quelle note agrumate, balsamiche, di cedro e scatola di sigaro che fanno di questa annata una preziosa eredità.
Divoto Copertino Rosso Riserva DOC, 1978
Da una delle migliori stagioni di sempre, nasce questo “esperimento” che, per la prima volta, si fa titolo ed omaggio a San Giuseppe. È l’anno in cui il Divoto nasce ufficialmente e, dopo oltre quarant’anni, continua a sorprendere.
La luce nel bicchiere esalta l’aranciato e ci accompagna ad un respiro rugginoso, di ferro e terra, di legno arso e di alloro. In bocca suggestioni che rimandano a vini leggendari come il Pedro Ximénez a cui si apparenta per energia, lunghissimo afflato, inaspettata freschezza, quasi fossimo al cospetto di una teatralità di sentori che rendono l’esperienza preziosa e indimenticabile.