Foto Gianni Tinelli
Come raffinato preludio dell’evento Dolce Puglia 2018, l’AIS Puglia – Delegazione Murgia si è regalata, il 23 Novembre scorso, un interessante confronto fra due diverse declinazioni del vitigno malvasia: quella di Lipari e quella nera di Brindisi e di Lecce.
Teatro della cavalleresca tenzone è stato il Ristorante “Binario 24”, dotato di una delle più belle sale-degustazione, sia per qualità del design, sia per impeccabile illuminazione.
Il Delegato Vincenzo Carrasso ha magistralmente introdotto la serata, facendo gli onori di casa al Vice Presidente del “Consorzio delle Malvasie delle Lipari”, il Dr. Davide Pollastri, lombardo di nascita, ma “vulcanico” per elezione: rapito dalla natura di queste isole, veri gioielli di (roccia vulcanica) basalto incastonati nel mare della Trinacria, ha deciso di riportare a nuova vita un antico palmento e di tramandare un vino la cui origine si perde nella notte dei tempi.
Foto Gianni Tinelli
L’origine del nome malvasia deriva da una città greca del Peloponneso, “Monemvasia” o “Monovasia”, ovvero “porto ad una sola entrata”.
I Veneziani, da sempre grandi commercianti, traslitterarono tale termine in italiano, creando il “brand” Malvasia ed è loro il merito di aver diffuso i vini dolci provenienti dal Mediterraneo; nel ‘400 Venezia era, infatti, stracolma di osterie chiamate per l’appunto “Malvase”, dove il vino Malvasia regnava indiscusso.
Le recenti analisi sul DNA condotte dal Dr. Manna Crespan, responsabile del Servizio identificazione delle varietà ampelografiche del CREA, propendono per un’origine risalente, appunto, all’insediamento nelle isole Lipari da parte di una comunità veneziana, verso la fine del Basso Medioevo.
Il vino è, però, anche suggestione, affabulazione e, con un viaggio a ritroso nel tempo, è bello perdersi nei racconti mitologici che hanno fondato la nostra cultura mediterranea.
Secondo alcuni studiosi l’origine del vitigno è, infatti, Micenea (XIV – XVI sec. a.C.).
Come amava raccontare l’indimenticato Giacomo Tachis nel suo periodo di “enologo corsaro” in terra siciliana, la malvasia delle Lipari ricorda quella di Minosse, che gli antichi descrivevano come “delizia per il naso ed il palato”.
In effetti, nel palazzo di Cnosso, a Creta vi sono affreschi che raffigurano la vite e la produzione di vino e dagli scavi effettuati nel Labirinto di Minosse sono emerse anche molte anfore (“pithoì”, in greco) adibite alla conservazione dell’olio e del vino.
Una leggenda racconta che il re Minosse inseguì in Sicilia Dedalo, per punirlo dell’aiuto offerto ad Arianna e Teseo, magari portando con sé proprio il vitigno Malvasia.
Si aggiunga, poi, che le Lipari vengono chiamate anche “Eolie”, in omaggio al dio dei venti, Eolo: il “genius loci” di questa terra è proprio il vento marino, che arriva in soccorso delle viti assediate dal caldo e dalla scarsa piovosità, preservando i rinfrescanti profumi e la briosa acidità del nettare che producono.
Nelle Isole Lipari, Dioniso va a braccetto con il dio Vulcano, che aveva la sua fucina nell’omonima isola e la cui consorte, la divina Afrodite, ha regalato loro una natura dalla selvaggia bellezza.
La degustazione è stata sapientemente condotta dal Dr. Giuseppe Baldassarre, che ha letteralmente dipinto i colori, i profumi e le sensazioni regalati dai vini.
Il primo vino in degustazione è stato il Malvasia delle Lipari Doc 2014 Passito dell’Azienda Agricola Punta Aria, che prevede, come da disciplinare, anche un saldo pari al 5% di Corinto nero. Dal colore ambrato intenso che colpisce per la sfavillante luminosità dei riflessi quasi rosseggianti, presenta un naso elegante ed espressivo: sentori di fiori di zagara, miele, frutta secca (fico, albicocca), erbe aromatiche che sfumano nel balsamico. Bocca avvolgente, morbida e, tuttavia, mai stancante, né sopra le righe, con un lungo finale che regala seducenti ricordi di buccia d’arancia candita.
La Malvasia delle Lipari Doc 2016 Passito di Hauner esibisce un bel colore dorato che vira al topazio ed un corredo di profumi di grande finezza e discrezione: spiccata florealità, arricchita da note di torroncino, di cioccolato bianco e di gelatina di agrumi, in sottofondo. La bocca è rotonda, ma, al tempo stesso, molto reattiva, giocata sulla freschezza, con una pura scia salina che accompagna un finale dai delicati cenni amarognoli.
Dal manto ambrato ancora vivace, nonostante il trascorrere degli anni, la Malvasia delle Lipari Doc 2013 Passito dell’Azienda Agrobiologica d’Amico solletica l’olfatto con piacevoli profumi di fiori secchi, di miele di castagno, di tabacco biondo, di spezie dolci e di composta di agrumi; un assaggio appagante, in cui la componente acido-sapida bilancia egregiamente la dotazione alcolica (14,50 %), scivolando verso una lunga persistenza marcata da sentori di frutta.
La Malvasia delle Lipari Doc 2015 di Cantine Colisi porta in dote un ricco bouquet: sfilano note floreali di fiori di zagara e di fresia, di mallo di noce, di erbe aromatiche (alloro) con un delizioso cenno minerale. Bocca imponente e sontuosa, dal sorso che occupa l’intero cavo orale; un’inaspettata acidità prolunga e rinfresca la beva in un finale appena amarognolo, con un’idea quasi di astringenza bilanciata dal ritorno del gusto dolce della clementina e della marmellata di arance dolci.
Le sfidanti, le Malvasie Nere di Brindisi e di Lecce, vantano anch’esse origini che si perdono nella notte dei tempi
Nella sua monumentale opera “Naturalis Historia”, Plinio il Vecchio, nell’elencare le varietà di uve greche, ricorda che in Puglia erano presenti le Malvasie Nere di Brindisi e di Lecce; dalle analisi genetiche effettuate negli ultimi anni pare che tali vitigni siano figli dell’incrocio fra la malvasia bianca ed il negroamaro.
Delle Cantine de Falco abbiamo degustato il Passito del Salento IGP “Passione”, dalla veste rosso rubino, con riflessi granati. Ha una spirale olfattiva in cui s’intrecciano note fruttate di amarena e di ciliegia in confettura, con ricordi di spezie orientali (chiodi di garofano), di cioccolato e di tabacco, sullo sfondo. Buono l’impatto gustativo per la densità del frutto e la leggera nota tannica che riequilibra la dolcezza imperante.
Il “Pietra Caya” Malvasia Amabile del Salento IGP 2016 delle Cantine San Donaci ha colore granato, con decise trasparenze rubino. Il timbro olfattivo elargisce tracce di rosa appassita, di spezie orientali, di tabacco, di note terrose, con accenni di incenso ed un sottofondo di ciliegia. Al palato è morbido, con una buona acidità che porta con sé una facilità di beva; nel finale affiora una nota di arancia sanguinella.
Il “Botrus” Malvasia Nera di Brindisi IGT 2016 di Botrugno-Vini Salento veste un abito rubino con vivaci riflessi granati. L’olfatto è floreale (geranio, viola appassita), con sentori di erbe aromatiche, di prugna, ciliegia ed accenni di speziatura. Morbido ed intenso in bocca, corposo, concentrato: affiora la ciliegia e l’amarena sotto spirito, il marzapane ed il cioccolato, che si risolvono in una grande e lunga chiusura che ricorda l’uva sultanina.
Dulcis in fundo, il Passito del Salento IGT 2015 “Rarum” di Duca Carlo Guarini, riuscito e singolare uvaggio di Malvasia nera di Lecce e di Negroamaro. Il vino ha colore rubino tinto di granato. Approccio aromatico di ciliegia sotto spirito, amarena, amaretto, mallo di noce, alloro, con una nota mentolata che diventa quasi balsamica. Il sorso è magnifico, con un leggero tannino che ne bilancia la potenza, allungandosi in un finale dagli sbuffi sapidi e leggermente amaricanti.
Il Dr. Pollastri ha, poi, sorpreso gli enoappassionati con due chicche prodotte sempre dalla sua Azienda Agricola Punta Aria.
Di uno scintillante paglierino, il Francangelo, versione secca della Malvasia di Lipari, colpisce per le sfumature floreali (caprifoglio, gelsomino, rosa bianca, fiori di sambuco), di pesca bianca, di mela e di lieve frutta esotica. La bocca è fragrante e spicca per la carica salina della sapidità che contrasta con la fresca aromaticità del vitigno, in un’equilibrata tensione che si chiude con note eteree, quasi alsaziane.
Per finire è stata degustata una grappa secca, sempre da Malvasia di Lipari, la cui piacevole morbidezza si sposa alla perfezione con una interessante florealità, soprattutto di petali di rosa.
Gli ospiti sono stati, infine, presi per la gola da una creazione dello Chef Vincenzo Nirchio, intitolata “Dolce follia”: mousse al cioccolato su morbido biscotto fondente, crema al croccantino con mandorle di Toritto, cremoso al caramello, croccante di pasta fillo e polvere d’arancia.
Un grande plauso va, poi, all’impegno profuso da tutta la squadra di servizio, instancabile e competente.
Per concludere, secondo una tradizione ebraica, la vite assorbe anche i desideri del vignaiolo: ne è la riprova la circostanza che soltanto la tenacia e la passione consentono a questi eroici produttori di domare la terra, il vento, il sole ed il mare per generare dei veri e propri tesori enologici.
Giuseppe Bianco
Sommelier AIS Murgia – Ufficio Stampa
Foto Gianni Tinelli